La borsa di Arlecchino e Aldo Trionfo
“Era il 1989 quando Aldo Trionfo fu stroncato da un attacco cardiaco… Personalissimo, elegante, colto, musicale, nostalgico di un’infanzia che entrava nei suoi spettacoli come veicolo di poesia e come campanello di una coscienza critica mai sopita, Trionfo è stato un rivoluzionario senza veri eredi, un dilettante per il quale il teatro era, prima di ogni altra cosa, un gioco. La sua incubazione artistica avvenne in Svizzera negli anni della guerra. Rifugiatosi a Losanna, per sfuggire alle persecuzioni razziali, vi trovò anche Lele Luzzati e Alessandro Fersen. Cominciò lì, con loro, un gioco del teatro che parve privo di conseguenze… Aldo si laureò ingegnere” (così Osvaldo Guerrieri su “La Stampa” del 25 maggio 2002) ma il destino aveva stabilito che “l’ingegnere” non avrebbe firmato progetti, ma realizzato capolavori per i palcoscenici. Avrebbe anche diretto il Teatro Stabile di Torino e l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico.
Aveva iniziato in un teatrino genovese – “La Borsa d’Arlecchino”– del quale qui si ricostruiscono i tre anni di vita che costituiscono uno dei capitoli più originali della storia del teatro italiano.
Agli studiosi questo volume offre, in appendice, l’elenco di tutti i materiali relativi a “La
Borsa di Arlecchino” conservati da Aldo Trionfo e custoditi da Lunaria Teatro.